Dopo essere stato itinerante per più di mezzo secolo, il museo naturalistico Francesco Minà Palumbo, che raccoglie le ricche collezioni afferenti ai rami più diversi della storia naturale dello scienziato di Castelbuono, ha finalmente raggiunto la sua sede definitiva. Il Museo conserva le collezioni create dal naturalista Francesco Minà Palumbo nel corso di studi svolti con costanza nel territorio delle Madonie fra il 1837 e il 1899.
Queste collezioni comprendono reperti provenienti da ogni parte delle Madonie e attinenenti a flora, fauna, geologia, preistoria, storia, agricoltura, industrie, ecc.
Esse pertanto offrono un quadro completo della Storia naturale e dell’attività umana nel territorio a partire dalle origini fino alla fine del secolo diciannovesimo e rappresentano la chiave di lettura della regione montuosa che è universalmente riconosciuta come la più importante unità biogeografica della Sicilia e del Mediterraneo centrale.
le vetrine dedicate ai fossili, segnatamente ai vertebrati fossili, ai coralli, agli echinoidi, ai gasteropodi fossili del circondario, fra cui diversi esemplari di Cassidaria minae, agli ittiolitici e ai molluschi terrestri e di acqua dolce delle Madonie; poi ancora i diversi esemplari di flora fossile, le collezioni di brachiopodi, le meravigliose ammoniti e i dendriti rinvenuti nell’ex feudo Gonato, generalmente ossido di manganese cristallizzato in formazioni “ad albero” lungo le fratture della roccia.
Nella sezione rocce e minerali dove spicca una ricca collezione di rocce metamorfiche, vulcaniche e diversi minerali di ferro, una vetrina è dedicata ai bellissimi gessi e zolfi provenienti dalla serie gessoso solfifera della Sicilia. Attiguo a questo ambiente è un corridoio che ospita la donazione Venchierutti, una notevole collezione di uccelli e mammiferi imbalsamati che sopperisce, in parte, a quella omologa di Minà andata quasi del tutto perduta, della quale rimangono soltanto pochissimi esemplari e poche unità della collezione oologica. Completano questa sezione alcuni reperti di provenienza madonita, un frammento di corna di daino rinvenuto nel giardino del convento di san Francesco e un altro esemplare trovato appeso come amuleto alla finestra di una casa nei pressi di san Francesco, secondo l’usanza di allora, come annota Minà. Da qui il percorso devia verso gli ambienti dedicati all’entomologia dove, con la donazione Bellavista, è possibile visitare le collezioni alle quali Minà dedicò maggiore interesse e attenzione e grazie alle quali transitarono da casa sua i maggiori studiosi di insetti d’Europa.
Curata dalla dott. Forgia e dagli archeologi castelbuonesi Giovanni Spallino e Vincenzo Ippolito, la parte dedicata all’archeologia e all’archeologia industriale con i reperti provenienti dalla cartiera di Gonato, i manufatti in vetro della vetreria e quelli in ferro provenienti dall’antica fonderia del Martinetto, attiva fino al XVII sec., e da quella successiva impiantata dal barone Antonio Collotti a Tornesia, negli anni venti dell’Ottocento. Poi i numerosi reperti litici di epoca preistorica (unguentari, boccali, balsamari, fuseruole) provenienti da Petralia, da Gangi, da Caltanissetta e soprattutto i manufatti in quarzite, in selce e in ossidiana ritrovati nelle nostre contrade, Margiazzo, Zurrica, Vinzeria, Mandrazza, Sant’Ippolito, Piano san Paolo. Ma anche la sezione dedicata alle materie prime e alle tecniche preistoriche di scheggiatura della pietra per la produzione di utensili. Nello stesso ambiente, finalmente, trovano degna sistemazione i reperti preistorici rinvenuti dal nostro appassionato e sfortunato Giuseppe Bonomo nel corso di tante campagne di scavi. Si tratta di brocche, lucerne, bracciali in bronzo, frammenti di coppi di epoca bizantina rivenuti nelle necropoli dei Bergi e dell’Aquileia, a Lanzeria, a Guglielmotta e poi asce litiche, frammenti di ceramiche preistoriche, vaghi di collana in osso e in calcite, frammenti di punteruoli, conchiglie, denti di cinghiale e di felini rinvenuti durante gli scavi effettuati nella grotta del Balzo del gatto.
L’itinerario si chiude nel corridoio adiacente alla chiesa, che ospita una sezione dedicata alla coltura della manna.
Sicuramente il nuovo allestimento è di gran lunga più efficace e godibile rispetto a quello fruibile nella vecchia sede, ma a questo punto bisognerebbe sforzarsi di pensare un allestimento al passo con la nuova musealità scientifica, staccando per sempre questo enorme patrimonio culturale dall’ormai sterile allestimento di tipo ottocentesco che l’ha sempre caratterizzato, limitatone le potenzialità.
La Nuova sede del Museo è sita nei locali dell’ex convento di San Francesco, di recente restaurato.

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